Etichette degli agrofarmaci: come leggerle correttamente
Sostenibilità | 25 gennaio 2024

Etichette degli agrofarmaci: come leggerle correttamente

L’etichetta ministeriale di un prodotto fitosanitario costituisce una linea guida imprescindibile che deve essere rispettata in tutte le sue parti affinché venga garantito un uso appropriato nel rispetto della salute dell’agricoltore, del consumatore e dell’ambiente, assicurando al contempo l’efficacia biologica del prodotto stesso.

L’importanza delle buone pratiche agricole

Le etichette degli agrofarmaci, conosciuti anche con il nome improprio di “pesticidi”, sono infatti il risultato finale di una serie di valutazioni di varia complessità che il titolare della registrazione è tenuto ad effettuare, partendo dalle GAP (Good Agricultural Practices, in italiano Buone Pratiche Agricole) con cui si intende registrare il prodotto. Le GAP comprendono molteplici informazioni sull’utilizzo, per esempio su quali colture e patogeni/infestanti è possibile applicare il prodotto, nonché le dosi e il numero di applicazioni annue massime consentite.

Queste informazioni, riportate in etichetta, comprendono anche i dettagli relativi allo stadio di sviluppo della coltura e dell’avversità, come pure i metodi di applicazione, i volumi di diluizione e quando necessario gli accorgimenti per minimizzare, ad esempio, la deriva. Infine, vengono anche indicati gli intervalli di sicurezza per le diverse colture, cioè i giorni di sospensione dei trattamenti che è necessario rispettare prima della raccolta: accorgimento necessario al rispetto dei residui massimi ammessi sulle diverse produzioni agricole (LMR).

Dato che le valutazioni sulla sicurezza si basano sulla GAP autorizzata, va da sé che i parametri sopra citati, presenti in etichetta, devono essere rispettati dall’utilizzatore finale per garantire un uso sicuro del prodotto. Essi sono riportati all’interno del paragrafo relativo alle indicazioni agronomiche (colture, dosi, modalità di impiego).

I doveri e il ruolo dell’industria produttrice

Il registrante, cioè l’azienda che intende commercializzare un nuovo agrofarmaco, è chiamato a generare e a fornire agli enti ufficiali ingenti quantità di dati. In Italia l’ente di riferimento è il Ministero della Salute che si rivolge poi agli istituti valutatori per l’analisi tecnica. Le informazioni e i dati necessari per presentare una domanda di autorizzazione sono listati nel Reg. EU 284/2013 e devono derivare da test condotti secondo le buone pratiche di laboratorio, le cosiddette GLP. I dati da fornire agli enti ufficiali riguardano le proprietà intrinseche del prodotto: dalle sue proprietà fisico-chimiche, alla sua attività biologica, al profilo residuale, alla sua tossicità nei confronti dell’uomo e dell’ecosistema, cioè organismi acquatici, api, bombi, api solitarie e altri artropodi utili, macro e microrganismi del suolo, piante non bersaglio, uccelli e mammiferi.

Differenze fra “pericolo” e “rischio”

Le proprietà intrinseche di un prodotto fitosanitario e/o delle sostanze attive al suo interno definiscono il pericolo del prodotto. Il concetto di pericolo è in sé però spurio nel momento in cui non viene valutato di pari passo con la reale esposizione a cui possono essere soggetti l’uomo, il consumatore e l’ambiente. È infatti il rapporto tra pericolo (hazard) ed esposizione (exposure) che definisce il vero e proprio rischio (risk) derivante dall’uso di un prodotto fitosanitario.

Un esempio: una sostanza attiva può essere molto tossica per gli organismi acquatici, ma se viene applicata lontana dai corsi idrici l’esposizione potrebbe risultare bassa o nulla e non costituire un rischio inaccettabile. La valutazione del rischio (risk assessment) è quindi il vero driver della registrabilità o meno di un prodotto, per la maggior parte degli ambiti di speculazione di un dossier registrativo.

Nel contesto della valutazione del rischio si procede normalmente secondo vari livelli di complessità, noti anche come Tier: si parte da calcoli estremamente conservativi per poi, nel caso di necessità, elevare la complessità dei calcoli in modo da rispecchiare sempre di più la realtà. In taluni casi può rendersi successivamente necessario, al fine di “passare il rischio”, includere misure cautelative per uno o più comparti ambientali. Si tratta delle ben note misure di mitigazione che devono essere adottate dall’utilizzatore finale in quanto solo grazie al loro rispetto è possibile garantire un uso sicuro del prodotto.

Tutte le avvertenze finalizzate alla mitigazione del rischio vengono normalmente elencate, se necessarie, all’interno del paragrafo “Prescrizioni Supplementari” e possono, come detto, riguardare differenti aree da tutelare in base alla coltura.

Descrizioni supplementari

Di seguito le macro-categorie di avvertenze e alcuni esempi:

  • Frasi tipo per la natura degli eventuali rischi particolari per la salute umana o animale o dell’ambiente: esse vengono scelte in modo appropriato tra le frasi presenti nell’allegato 2 del Reg EU 547/2011 che definisce le prescrizioni in materia di etichettatura dei prodotti fitosanitari. Tale Regolamento è attualmente in revisione e sono quindi attesi dei cambiamenti nelle etichettature dei prodotti. Un esempio: Tossico per contatto oculare oppure Il contatto con il vapore può causare ustioni della pelle e bruciori agli occhi
  • Frasi tipo di precauzione per la tutela della salute umana o animale o dell’ambiente: scelte in modo appropriato in base ai criteri stabiliti dall’allegato III del Reg EU 547/2011. Tali frasi precauzionali devono riflettere i risultati delle valutazioni del rischio che hanno permesso l’autorizzazione del prodotto e devono essere applicate in particolare nei casi in cui sono necessarie misure di attenuazione dei rischi, per evitare effetti inaccettabili. Si suddividono in:

    - frasi di precauzione per gli operatori: misure per prevenire rischi legati, per esempio, al contatto del prodotto con la pelle, gli occhi ecc. durante le fasi di miscelazione, carico e durante il trattamento stesso (es. Dopo il contatto con la pelle, rimuovere il prodotto con un panno asciutto e quindi lavare abbondantemente con acqua);
    - frasi tipo sulle precauzioni da adottare per l'ambiente: misure per la protezione di acque sotterranee, organismi del suolo, organismi acquatici, piante/artropodi/insetti non bersaglio, uccelli e mammiferi selvatici, api e impollinatori (es. Per proteggere le acque sotterranee/gli organismi acquatici non applicare sul suolo sabbioso, oppure Per proteggere organismi acquatici/piante/artropodi/insetti non bersaglio, rispettare una fascia di sicurezza non trattata di x metri da zone non coltivate/acque superficiali, oppure Per proteggere gli uccelli/i mammiferi selvatici, il prodotto deve essere interamente incorporato nel terreno; assicurarsi che il prodotto sia completamente incorporato in fondo ai solchi, ecc);
    - frasi tipo sulle precauzioni da adottare per le buone pratiche agricole, atte a ridurre fenomeni di resistenza (es. Per evitare l'insorgenza di resistenza non applicare questo prodotto o altri prodotti contenenti… per più di ….). Tali frasi possono essere incluse in un paragrafo ad hoc “Resistenze”.
     
  • Misure di mitigazione: vi è una serie di misure di mitigazione che, come detto precedentemente, sono state considerate per affinare il calcolo del rischio di uno o più comparti. Alcune di esse risultano descritte all’interno di documenti di orientamento nazionali. In taluni casi possono essere ritrovabili anche all’interno degli allegati al Reg. 547/2011. Tali misure di mitigazione vengono prese in considerazione applicando la modellistica adottata a livello comunitario. Anche tali misure di mitigazione trovano normalmente (ma non sempre) collocazione nel paragrafo “PRESCRIZIONI SUPPLEMENTARI”. Esse possono riguardare il rischio per l’uomo, inteso come operatore (chi effettua miscelazione, carico e trattamento), lavoratore (chi effettua attività lavorative nelle zone trattate di recente, come ispezioni, potature ecc), residente (bambino e adulto), astante (chi passa accanto all’area durante il trattamento) e il rischio per l’ambiente (comparti ambientali visti sopra e acque di falda).


Di seguito alcuni esempi:

✔️ Rischio per l’uomo:

  • Prescrizione e specificazione di dispositivi di protezione individuale da impiegare da parte sia dell’operatore, sia del lavoratore: es. Indossare abbigliamento da lavoro durante la miscelazione/carico e l'applicazione del prodotto; indossare guanti, tuta impermeabile e maschera FFP2 durante l'applicazione del prodotto oppure indossare indumenti da lavoro (braccia, corpo e gambe coperti) e guanti prima di effettuare eventuali lavorazioni manuali sulle colture trattate.
  • Prescrizione e specificazione di particolari attrezzature come, ad esempio, l’utilizzo di un sistema di trasferimento chiuso del prodotto dal contenitore originale al serbatoio dell’irroratore, utilizzo di trattori dotati di cabina chiusa con sistema di condizionamento/filtrazione dell’aria, ecc.
  • Indicazioni sul rientro, a tutela del lavoratore, prevede che si possa rientrare in campo dopo l’applicazione, per qualsiasi tipo di lavorazione o ispezione, solo dopo un certo lasso di tempo, oppure dopo che la vegetazione risulti asciutta.
  • Periodo di carenza, anch’esso a tutela del lavoratore, oltre che del consumatore, come vedremo successivamente.
  • Prescrizioni specifiche per la protezione del residente e dell’astante: es. trattare su colture arboree a 10 metri dalle abitazioni.
  • Divieti di impiego, come ad esempio il divieto di impiego con attrezzature manuali, il divieto di impiego in serra, ecc.


✔️ Rischio per l’ambiente:
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  • ​​​​​​​Acque superficiali: aree tampone (vegetate o non vegetate, a seconda) da rispettare tra l’area del trattamento ed eventuali corsi idrici superficiali. In Italia la zona tampone massima consentita è di 30 metri. La zona tampone può derivare dalla necessità di mitigare il rischio dovuto al drenaggio e/o al ruscellamento e/o alla deriva. In taluni casi, per ulteriore tutela, può essere necessario utilizzare ugelli che riducano di determinate percentuali l’apporto del prodotto nelle acque via deriva. Anche alcune barriere naturali, come le siepi, possono aiutare a mitigare il rischio. Le etichette possono riportare una o più alternative (es. rispettare una zona tampone vegetata di 30 metri dai corsi idrici o di 20 metri + ugelli anti-deriva con riduzione del 75%). Al momento devono essere adottate unicamente le mitigazioni riportate in etichetta.
  • Acque di falda: per mitigare questo rischio può essere indicato il divieto di trattare in specifiche aree vulnerabili o in aree con particolari tessiture del suolo che favoriscono la percolazione in falda.
  • Insetti/piante/artropodi non bersaglio: zone tampone da garantire, durante il trattamento, rispetto al campo adiacente non trattato, oppure divieto di impiego durante alcuni momenti dello stadio vegetativo, come per esempio la fioritura della coltura.
  • Uccelli e mammiferi: prescrizioni quali per esempio l’incorporazione nel terreno dei prodotti granulari, il divieto di trattare durante lo stadio riproduttivo ecc.

Residui di agrofarmaci e sicurezza del consumatore

Da ultimo è necessario affrontare anche il tema legato al rischio per il consumatore. Un prodotto fitosanitario non può infatti essere autorizzato nel momento in cui il suo profilo residuale non risultasse in linea con i limiti massimi di residui consentiti a livello EU, i così detti LMR. Il titolare è tenuto a generare e fornire per ogni coltura o gruppo colturale, così come definito nel Regolamento (CE) N. 396/2005, pacchetti dati costituiti da 8 prove residui (condotti secondo la GAP prevista in etichetta) per tutte le colture maggiori e 4 per tutte le colture minori in etichetta, con alcune declinazioni nel momento in cui i residui trovati siano inferiori al limite di quantificazione o al limite di rilevabilità analitica.

I risultati devono essere tutti inferiori al limite massimo di residuo consentito per ciascuna coltura. Talvolta per garantire che la soglia massima di residui di legge non venga superata, risulta necessario prevedere in etichetta un intervallo di carenza (o PHI, Pre Harvest Interval) che, dagli studi sui residui effettuati, assicuri un residuo accettabile. Va da sé che il rispetto dell’intervallo di carenza, espresso come giorni dall’ultimo trattamento eseguito con il prodotto e la raccolta, è una prescrizione fondamentale per la tutela del consumatore, oltre che per l’accettabilità delle derrate. Tale indicazione viene spesso riportata in un paragrafo ad hoc dell’etichetta commerciale e può variare da coltura a coltura.

Si segnala che la tutela del consumatore non viene solo garantita dai dati residui generati: esistono infatti modellistiche molto complesse che stimano il rischio per il consumatore finale e che determinano la registrabilità o meno di un prodotto fitosanitario.

Le etichette dei prodotti commerciali

L’etichetta commerciale è quindi un’estrema sintesi di calcoli, modellistiche, generazione dati molto complessi, onerosi e di assoluta tutela per la salute e per l’ambiente, in quanto basati sul principio di estrema cautela. La normativa europea legata ai fitosanitari è in assoluto la più stringente a livello globale. Le autorità competenti per la valutazione dei formulati commerciali, così come delle sostanze attive, partecipano congiuntamente alle valutazioni; la valutazione dei prodotti fitosanitari nella fattispecie è condotta in un contesto regolatorio zonale che raggruppa tutti gli stati del Sud, Centro e Nord Europa. Il risultato finale di questi lunghi iter valutativi, ossia l’autorizzazione all’immissione in commercio rispettando determinate condizioni di impiego, è una garanzia in termini di accettabilità del rischio per tutti gli aspetti visti sopra. Risulta quindi fondamentale rispettare le prescrizioni riassunte in etichetta, non solo al fine di evitare sanzioni o altre ripercussioni, ma anche per un approccio etico da parte del mondo agricolo.

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